FRANCESCO GIULIO FARACHI

Per far divenire il futuro

Modifica Per Eliana Re, la pittura è un vocabolario stilistico che l’artista applica con medesima attinenza a diversi formulari espressivi che vanno dal dipinto vero e proprio, alla tecnica mista con l’impiego di eterogenei materiali, supporti, superfici, fino alla modellazione e all’installazione. La pittura è la
base di partenza cui si innestano, o da cui si innescano, tutti i processi di sperimentazione e di
esperienza che compongono l’immaginario di Eliana Re. Nei suoi lavori riverbera come un’eco della
tensione alla libertà di forme e all’ibridazione dei materiali che ha caratterizzato l’evolversi della
pittura nel secolo scorso; senza però che ci sia alcun debito referenziale o storica ossessività, ma
anzi con l’audacia di un’assoluta contemporaneità e con l’evidenza di una, quasi orgogliosa,
individualità e autonomia. L’arte di Eliana Re, dalla ricerca di equilibrio e permeabilità fra diversi
linguaggi, realizza un’esplorazione, un recupero della visione dal magma della materia/colore,
all’inseguimento di ordine e significato da un primordiale e permanente caos. Per questo le
intensità informali ed espressionistiche a volte restituiscono un sembiante riconoscibile e avverato,
per questo altre volte l’immagine si compone per sequenze modulari, per questo il colore segue
stratificazioni di luce e la materia si piega lungo flutti e fratture di chiaro-scuro, come se l’uno e
l’altra ostinatamente assestassero gli andamenti indocili di sovrasensibili energie. Si apre così uno

spazio non fisico, una estensione non euclidea, che è territorio della psiche e del sentimento,
dell’interiorità personale e collettiva, un territorio di profondità luminose e dimensionali dove
trovare l’essenza di ciò che si presenta ai sensi. La ricerca artistica non si limita cioè al velo di
superficie della bellezza, ma concentra nell’atto creativo gli stimoli e gli impulsi dell’esistenza, la
memoria e le emozioni, la lunga prassi per riconoscersi esseri umani, il desiderio e l’aspirazione a
comprendere il divenire del mondo e della persona. È la ricerca di un umanesimo possibile, di
un’arte che con i colori, i materiali, le espressività di oggi parli ancora dell’uomo, del tempo che gli
appartiene, del suo passato, del futuro che può costruire. Infine, è una dichiarazione di necessità a
preservare e rafforzare ciò che dà significato e direzione all’agire del singolo come della collettività,
quella cosa che comunemente chiamiamo “cultura”.

L’idea, il progetto di allestire la selezione di opere che oggi si propone negli spazi del Museo
Archeologico di Palestrina nasce perciò in qualche modo naturale. Il dialogo con i reperti del
passato non sta evidentemente in termini di derivazione o similitudine formale, ma intanto proprio
di attuazione di una compresenza plausibile e di un confronto affascinante fra realizzazioni d’arte e
d’ingegno apparentemente non accostabili. Sono linguaggi, epoche, esperienze che si richiamano
in modo ovviamente non letterale, e che trovano invece connessione nell’indagine sulla memoria
collettiva, su quello stratificarsi concettuale e visivo che riflette la complessità dei rapporti umani e
culturali, e, in fin dei conti, la complessità dell’esistenza. D’altronde, senza addentrarci troppo nel
discorso, proprio Palestrina, l’antica Praeneste, e il museo archeologico che ne custodisce e
valorizza i reperti lo testimonia, è stata luogo di stratificazioni culturali e relazionali, sia in senso
diacronico, portando storia dal periodo preromano, etrusco e latino, fino all’età imperiale e oltre,
sia per gli apporti e le commistioni di disparate conoscenze, genti, usanze, storie ed esistenze,
visioni e concezioni della vita.
Questa mostra di Eliana Re, dunque, abita il Museo Archeologico non affinché esso costituisca solo
lo scenario seducente a una rappresentazione del visibile (per carità, è anche questo), ma per
scoprire un luogo dell’ineffabile dove convergano i richiami del passato e la percezione del
presente, dove l’immaginata sinergia ideale di materie, cromie, sguardi che s’intrecciano e si
fondono diventi constatazione, consapevolezza della densità spirituale umana e di come essa
“costruisca il tempo”.
“Futuro in fieri” è una tautologia squisita, divenire in divenire, è quasi un gioco di parole. Ma
sintetizza invece precisamente il processo di costruzione del tempo nel tempo: il domani è una
proiezione a passi graduali, una serie progressiva di conseguenze, si compone a strati successivi
(proprio come all’inverso si effettua uno scavo archeologico). In più, nella nostra tautologia, c’è
insita una prospettiva di volontà e azione che costituisce l’impianto concettuale su cui si fonda
tutto l’operato artistico di Eliana Re. Non sta solo nel cenno ironico di una riproduzione di statua
antica atteggiata a elemosinare attenzione e risorse come simbolo di arte, cultura e storia messe ai
margini di ogni interesse civile, e quindi come simbolo di una ribellione da promuovere. Ma invade
il circostante quale lava rappresa di oro e terre, e sono concrezioni di storia/memoria che
scaturiscono da lontano e dal profondo per dar corpo al nuovo; o ancora, si agita e fluisce nell’onda
di un mare immaginifico, diventa materia e spuma del fantastico. Ed è sempre arte che muove
azione e riflessione, nel confronto con il nostro presente e futuro tecnologico, quando l’essere
umano si riduce a diagramma su neutre lastre, eppure conserva il fibrillare di energie creative,
conserva i colori, i riflessi, i bagliori della sua interiorità. Nella tela di iuta che crea panneggi sui
supporti aleggia il senso di mistero e stupore dell’esistenza, e similmente alle stesure e repentini
addensamenti di colore sulle tele, si saggia la forza e il felice tormento dell’ispirazione, di ciò che
spinge l’artista a fare e a creare. Per far divenire il futuro.