PAOLO LEVI 2005

I MESSAGGI DEL COLORE

  Non trovo modo migliore per iniziare a leggere analiticamente le pagine di Eliana Re, se non citando un suo dipinto eseguito nel 2003 che ha come titolo Dove sei? e che raffigura il profilo di un uomo dalla bocca spalancata in un grido metafisico. Non si tratta qui dell’urlo esistenziale e senza risposta di Munch, ma piuttosto di qualcosa di analogo alla disperazione di Giobbe che contende con Dio, in un’interrogazione che si perde nel vuoto. Il contorno compositivo è un magma informale di forte concretezza espressiva, dove non c’è confine tra luce ed ombra. Tutta la composizione è come se fosse marchiata da un mistero ancestrale, che ha a che vedere con la natura stessa dell’uomo. La sofferenza della figura è magnificamente rappresentata nei tratti della fisionomia, che è maschera agghiacciante della sofferenza umana. In questa occasione Eliana Re esprime la poetica di una partecipazione forte, e riconoscibile grazie alla qualità del segno pittorico, che ha tonalità espressive nettamente differenziate.

Altrettanto tragico è l’annuncio contenuto nella meditata composizione La voce degli ultimi, scelta tematica di alto valore per la consapevolezza di un pensiero pittorico che sa rappresentare un scenografia umana e dolorosa, un’onda senza meta di presenze indefinite. In questo contesto, come in altri, è la drammaticità degli sguardi e delle bocche che annunciano orrore e paura, a definire un’irrimediabile desolazione.

  In verità, ci si trova qui di fronte a una pittrice che esprime una tesa dimensione del dolore umano collettivo, come in Parlano loro, altra definizione pittorica di presenze riconoscibili, figure di donne con il chador, che paiono trasportate da un grande soffio di vento irreale. Sono composizioni di impianto significante, dominate dalla giusta angoscia per il tempo attuale, dove l’uomo e la donna non sono rappresentati come soggetti, ma come oggetti indifesi, abbandonati a se stessi, nella loro anonima, sofferta solitudine. Fa da giusto contrappunto a questi lavori, la composizione figurativa di taglio post cubista Futuro, di oscura e poetica interrogazione. A differenza dei lavori precedenti è colma di dolcezza la presenza femminile che appare in primo piano, contrassegnata da un rasserenante biancore luminoso, come ad indicare che non tutto è andato perduto. In questa visione appare leggibile un’atmosfera densa di suggerimenti positivi e l’allusione a un orizzonte lontano, percorso da bagliori che sottolineano la possibile presenza di forze salvifiche.

In Eliana Re, è ben presente anche un aspetto di solarità interiore, che la porta a scandagliare l’invisibile. Una parte della sua ricerca è infatti diretta a verificare il senso estetico della forma informe e del colore, in quanto magma capace di approdare a lidi armoniosi, come nel caso di Suoni. In questo dipinto si nota subito la dominante della forza gestuale e la ricchezza qualitativa del colore, organizzato dall’autrice con risoluzioni espressive di sapiente immediatezza. Anche in questo caso la sua mano appare guidata da una tensione interiore, da una carica emotiva dove l’amore per la società umana si coniuga allo sdegno per la presenza del male e del dolore.

Sulla base di questo suo pensiero mirato, la pittrice opta di volta in volta per soluzioni che attingono al Museo figurale del secolo scorso e quindi all’Informale più lirico e gestuale, fatto di illuminazioni e di dubbi. L’artista opera pertanto con una tavolozza che è madre di eventi cromatici, di spazi magici prospettici, e dove appare la sottile scrittura del dolore, in un’inedita chiave narrativa che racconta la trama nascosta di una solitudine infinita.

Nella sua ricerca più squisitamente astratta e di forte impatto espressivo, appare l’energia della pittrice che sa controllare la costruzione compositiva informale. In Forma e colore n. 1 Eliana Re privilegia un percorso che esprime presenza poetica e assenza storica; questo dipinto forte ed irruente si impone nella sua evidenza emblematica, dove una cupa dimensione dell’esistenza sembra conferire al messaggio una spettacolarità che si articola in una serie di avvertimenti dolorosi. Tutto questo avviene grazie alla pelle della pittura, che è capace qui, come altrove, di coniugare una composizione suadente, variegata e realizzata con fare meditato, la cui qualità esecutiva persiste, per altro, ben oltre i valori etici che appartengono all’operare pittorico dell’artista.

  All’interno di tale cornice, sia che l’autrice si muova in ambito figurativo, sia che si ponga su una prospettiva informale, l’aspetto contenutistico nei lavori di Eliana Re assume sempre un aspetto primario: ogni composizione nasce dall’urgenza di un messaggio che determina a monte la scelta espressiva più consona a esprimerlo. Si avverte anche un evidente parallelismo fra la dimensione esistenziale, come esperienza irripetibile e ogni volta perfettamente comunicabile, e l’intrinseco processo conoscitivo della pittura come ricerca e sperimentazione linguistica.

La ricerca formale si innesta qui come una liturgia quotidiana all’interno e nell’isolamento dell’atelier dove la pittrice si riconosce, dialoga con se stessa, con la sua coscienza etica, laica e partecipativa del dolore collettivo. Si realizza così un processo di elaborazione creativa dove gli elementi reali si trasformano in simbologie e in significati. Questi elementi sono presenti nella pittura di Re come strutture linguistiche e come trame poetiche; in questo senso è emblematico il caso di Eco, opera che si apre tramite la figura in una espressività primigenia, che pare voler rappresentare l’inconoscibile. Si tratta di un dipinto che, pur nel suo insieme figurale di controllata istintività, rivela profonde radici informali, in quanto predisposto come sonorità tonale e movimento.

  In tutte queste composizioni pare che la pittrice voglia trasmettere l’impossibile e l’incomunicabile del suo messaggio etico ed esistenziale. In alcuni casi, forse quelli più interessanti, la sua scrittura pittorica si arricchisce di una consapevolezza ancora più pregnante, come nell’esplosiva imagerie del dipinto Fetonte, dove l’autrice mette in atto tutte le potenzialità di un meditato disegno preparatorio e di una bella tavolozza dai toni mirati. Tuttavia, in altri casi, riesce anche a stabilizzare la sua inquietudine affrontando la registrazione di presenze e momenti mitici meno aspri a livello di coinvolgimento emotivo, come nel dipinti Due donne, opera in cui si avverte un sorprendente senso di leggerezza, che nulla ha da spartire con la malinconia della composizione Le Moire.

L’arte di Eliana Re rappresenta soprattutto un percorso intellettuale alla ricerca di una verità pittorica che si impone come un gesto di autocoscienza, ovvero un complesso itinerario all’interno della propria forza spirituale. Ma, se ci si rivolge alla sua esperienza Informale, si può anche scoprire una volontà precisa di proporre la sua emozionalità senza compromessi scommettendo solo sulla materia cromatica. Come momento di chiarificazione e di verifica, la tecnica mista, Forma e colore n. 3 Espansione, organizza il messaggio con materiali poveri, olio e juta su tavola, e una grande ricchezza poetica: da una parte la cultura informale espressionista organizza allusioni di disciplina neoplastica, dall’altra si nota una cultura che percorre la via dell’indefinibile, e quindi della sintesi lirica ritmata dal fraseggio delle forme informi. Osservando con attenzione questa composizione dove la figura è azzerata, ci si accorge immediatamente che l’interesse di questa analisi di luci e di ombre poggia sulla qualità del colore e sul gioco, quasi classicheggiante, degli sfumati che esaltano una spazialità aerea e volatile.

  Il procedere in chiave informale non significa per l’artista una rivolta contro la ragione della figurazione ma, tutt’al più, l’angosciata e problematica formulazione di una verità di altra natura. L’impiego dei colori implica la definizione di valori diversi dati dalla loro funzione descrittiva, in quanto essi non inquadrano, né definiscono forme individuabili, ma organizzano messaggi in frequenze sinfoniche.

Comunque sia, per Eliana Re la figurazione e l’informale sono mezzi visuali sempre espressivi di angosce che non trovano rimedio catartico nella loro rappresentazione. Se mai, riflettono lo sforzo riflessivo di una ragione passionale e veemente. Non è forse Rimbaud che parla di raison ardente? Riflettendo sull’opera della Re è questa la migliore definizione che viene alla mente, oppure, rovesciando i termini, si può parlare di una passione sostenuta dalle convenzioni della ragione.

La sua operatività artistica ha sempre utilizzato questa dialettica così intensa e così feconda, che le ha fornito la chiave espressiva del suo impulso di ribellione, della sua aderenza alla causa dei diseredati e degli oppressi. Ed è così che ha deciso di costruire un doloroso palcoscenico di figure, dallo sguardo fisso e disperato. Ha cominciato ad accogliere le suggestioni della scuola espressionista tedesca degli anni Settanta. Col tempo il suo linguaggio si è depurato fino all’essenzialità, rifuggendo dai facili schematismi, fino a raggiungere la sua autonoma riconoscibilità stilistica.

Da tempo Eliana Re sa bene quale debba essere la funzione dell’arte, e quindi ha intrapreso la sua interpretazione del teatro amaro della vita attraverso il linguaggio del colore e l’inquietudine visiva. In quanto pittrice del suo tempo, la condizione umana dei suoi personaggi non è solo pretesto pittorico, ma inevitabile oggetto di un sistema comunicativo squisitamente iconico.

Ogni elemento che entra a fare parte delle sue opere viene incorporato in un significato filtrato dall’immediatezza visiva della forma e del colore. In questo senso è pleonastico distinguere in questa pittrice la figurazione dall’informale, dato che comunque il senso ultimo del suo operare si rivela nel medesimo e inconfondibile valore contenutistico.